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Cardiomiopatia Ipertrofica Ostruttiva

La Cardiomiopatia Ipertrofica è la malattia cardiovascolare ereditaria più frequente, che colpisce circa 1 individuo su 500, senza distinzione di età e di genere. Spesso è presente in più elementi della stessa famiglia. Si tratta di una malattia molto insidiosa, che purtroppo, il più delle volte, viene diagnosticata soltanto quando compaiono i sintomi. Se non trattata adeguatamente e in tempo, può avere conseguenze importanti – e talvolta fatali – sul nostro organismo.
Il termine cardiomiopatia indica una “malattia del muscolo cardiaco”. Si tratta di una condizione che comporta un’alterazione anatomica e strutturale del cuore, come l’ispessimento delle pareti dei ventricoli e una riduzione delle sue cavità, che ne compromette la funzione.
Le cardiomiopatie si classificano in base alla tipologia di alterazione del miocardio e sono di 4 tipi:
Ipertrofica, Ischemica, Dilatativa e Aritmogena del ventricolo destro.

QUALI SONO LE CAUSE?

La Cardiomiopatia Ipertrofica ha comunemente un’origine genetica ed è caratterizzata da un ispessimento e irrigidimento (ipertrofia) progressivo delle pareti del cuore, specialmente del ventricolo sinistro, che perde capacità di ricevere sangue ossigenato dai polmoni e di pomparlo verso il resto del corpo, con insorgenza di sintomi tipici da scompenso cardiaco.
La Cardiomiopatia Ipertrofica si distingue in Restrittiva (o Concentrica) e Ostruttiva (o Asimmetrica). Nel primo caso, il miocardio s’ispessisce in modo uniforme in tutti i suoi segmenti, determinando una grave riduzione della cavità ventricolare che non riesce più a riempirsi adeguatamente. Nel caso dell’Ipertrofia Ostruttiva (HOCM – Hypertrofic Obstructive Cardiomyopathy) invece, la parete che separa i due ventricoli s’ispessisce a tal punto da ostruire l’efflusso di sangue verso l’aorta, determinando una vera e propria stenosi sotto-valvolare aortica. Durante il ciclo cardiaco, il movimento del setto ispessito crea un’ostruzione dinamica; questa comporta una distorsione del lembo anteriore mitralico che, durante la sistole, viene spinto sotto la valvola aortica (movimento sistolico anteriore o SAM – Systolic Anterior Motion), aumentando ulteriormente il grado di ostruzione con comparsa di insufficienza mitralica. Inoltre, la distorsione dell’apparato mitralico determina un rigurgito mitralico (insufficienza, incontinenza, incompetenza e rigurgito sono tutti termini sinonimi), riducendo la quantità di sangue in uscita verso l’aorta.

Le alterazioni cardiache associate alla cardiomiopatia ipertrofica hanno un grado di severità molto variabile.
Alcuni pazienti presentano un lieve aumento dello spessore delle pareti del ventricolo sinistro, mentre altri pazienti possono raggiungere uno spessore delle pareti di oltre tre volte i valori normali. Proprio a causa di questa grande variabilità nella gravità delle alterazioni e decorso clinico, la cardiomiopatia ipertrofica è molto difficile da trattare e richiede un approccio di team multidisciplinare.

QUALI SONO I SINTOMI E GLI ACCERTAMENTI DIAGNOSTICI?

I sintomi generalmente compaiono tra i 20 e i 40 anni di età e sono legati allo sforzo, ma possono essere altamente variabili. Tipicamente comprendono fiato corto, tachicardia, dolore al petto, vertigini e svenimenti sincopi. In alcuni casi il decorso della malattia è senza sintomi, in altri casi invece i sintomi d’insufficienza cardiaca sono molto importanti, fino ad arrivare anche a episodi di morti improvvise. La cardiomiopatia ipertrofica è, infatti, la causa più comune delle morti improvvise che si verificano sotto i 35 anni di età o negli sportivi. Numerose sono state le notizie di cronaca che hanno riportato casi di giovani atleti deceduti per arresto cardiaco durante lo svolgimento dell’attività sportiva: in molti di questi casi è stata riscontrata una cardiomiopatia ipertrofica non nota.

COME SI CURA?

Il sospetto della diagnosi si basa sui riscontri dell’esame obiettivo effettuato dal vostro cardiologo, ma la conferma giunge attraverso l’esecuzione di diversi esami strumentali cui il paziente deve sottoporsi:

  • Ecocardiogramma transtoracico: indagine strumentale d’immagine a ultrasuoni, non invasivo e senza rischi, che permette di studiare il cuore in sezioni e misurare il grado d’ispessimento delle pareti, i volumi delle cavità cardiache e il funzionamento di ogni struttura. Molto importante è l’esecuzione di questo esame anche sotto sforzo, in quanto fornisce informazioni sul comportamento dinamico del setto interventricolare.
  • Risonanza Magnetica Cardiaca (cardioRMN): utile per confermare la diagnosi nei casi dubbi. La RM rappresenta un ottimo strumento per avere informazioni sulla sede dell’ipertrofia e su altre varianti anatomiche.
  • L’Holter cardiaco: consente di individuare i pazienti a rischio per morte improvvisa.

Molti pazienti traggono beneficio dalla terapia farmacologica, come ad esempio beta-bloccanti e calcioantagonisti, che riducono la forza contrattile del cuore e rallentano i battiti.

A volte viene ancora proposta la alcolizzazione del setto, mediante iniezione nei rami settali di soluzioni sclerosanti. Questo trattamento però si è rivelato inefficace nel migliorare la sopravvivenza e la riduzione dei sintomi.

La chirurgia è il trattamento più efficace?
Mentre le forme restrittive sono candidate a trapianto quando lo scompenso diventa terminale, il trattamento chirurgico è indicato e il più efficace nelle forme ostruttive. Le recenti linee guida internazionali (dettate da American College of Cardiolgy, European Society of Cardiology e American Heart Association) consigliano l’intervento chirurgico come la terapia di prima scelta nei pazienti con cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva, asintomatica e non, con o senza insufficienza mitralica e con ostruzione che aumenta durante lo sforzo. E’ importante sottolineare che il trattamento chirurgico della Cardiomiopatia Ipertrofica deve essere eseguito soltanto da chirurghi esperti in centri di riferimento con bassa mortalità operatoria (1-2%).

L’INTERVENTO CHIRURGICO

Scopo dell’intervento è abolire l’ostacolo (ostruzione) allo svuotamento del ventricolo sinistro mediante una miectomia, ossia la resezione chirurgica di quella parte di setto ispessito responsabile dell’ostruzione. La miectomia consente di ripristinare il normale movimento dell’apparato valvolare mitralico, con riduzione o scomparsa dell’insufficienza. L’approccio chirurgico della miectomia può essere trans-mitralico o trans-aortico e, proprio a causa della sua complessità tecnica, viene il più delle volte eseguito tramite sternotomia mediana (apertura completa dello sterno).
Questo intervento è associato a risultati sostanzialmente migliori e complicanze minori della sostituzione della valvola mitrale con una protesi.
L’intervento di miectomia richiede una specifica esperienza da parte del chirurgo e viene eseguito in pochi centri in Europa. Quando l’intervento è eseguito da un chirurgo con esperienza specifica, i risultati sono particolarmente favorevoli e con un basso rischio operatorio (mortalità inferiore al 2%).

Il Dott. Glauber, uno dei pochissimi chirurghi che esegue questo trattamento con approccio mininvasivo endoscopico, esegue la procedura attraverso una piccola incisione al 2° spazio intercostale destro o in ministernotomia nel caso dell’approccio trans-aortico (a seconda della posizione dell’aorta ascendente definita dalla TC torace), oppure al 4° spazio intercostale destro nel caso di approccio trans-mitralico.
L’esperienza ha dimostrato che la chirurgia, svolta da un’équipe preparata e con esperienza, rimane il gold standard per la cura della Cardiomiopatia Ipertrofica Ostruttiva, garantendo risultati sicuri in termini di sopravvivenza e significativo miglioramento della qualità della vita dei pazienti. L’utilizzo combinato dell’approccio mininvasivo consente inoltre una più rapida guarigione.